Ci ho messo un anno a fare questo nuovo libro. E’ una biografia. Lunedi’ sara’ in vendita…e’ arrivato il momento di allontanarsi da quello che ho fatto e lasciare lo spazio a chi lo leggera’. Sono pronto a farmi da parte.
Queste che seguono sono le parole che precedono il libro. Le ho scritte io, un po’ per spiegare , un po’ per capirmi…
‘CARNERA. La montagna che cammina’ racconta la storia del pugile friulano, dalla partenza dal suo paese di origine, Sequals, alla conquista del mondiale, a New York, il 29 giugno del 1933.
Questo che avete in mano è un romanzo speciale, una biografia a fumetti, ma non aspettatevi una lettura didascalica, il mio ‘CARNERA. La montagna che cammina’ l’ho immaginato come un ‘piccolo film tascabile’.
Per fare questo libro ho ricostruito la vita del campione friulano basandomi sulle tante biografie che negli anni sono state realizzate, perché da quei lontani anni Trenta del secolo scorso, l’interesse su Carnera, in realtà non si è mai affievolito. Le cose che ho raccontato, ripercorrendo l’epopea di una storia sportiva assolutamente documentata, quando non sono vere, sono verosimili e fanno capire il grande impatto, oggi si direbbe mediatico, di un personaggio che puo’ essere considerato uno dei primi sportivi moderni.
Ho camminato sulla piazza di Sequals, ripensando ad un ragazzo che, negli anni Venti parte da li’, come tantissimi emigranti friulani in cerca di fortuna, con la pancia che brontola per la fame e, pochi anni dopo vede il suo sogno realizzarsi.
Ho visionato film e foto dell’epoca per ricostruire la New York degli anni Trenta e sono stato negli Stati Uniti, precisamente a Miami, per capire lo stupore di un europeo che arriva in America.
Non sono propriamente un disegnatore realistico e il mio Carnera è a volte realistico, a volte stilizzato, quello che mi interessa è avvicinarmi il più possibile al carattere del pugile. Ma è stata la forza visiva del gigante l’elemento che mi ha reso facile immaginare una narrazione per immagini. Un giovane gigante (Carnera aveva 26 anni quando vinse il mondiale) che da fenomeno da circo, diventa un atleta vero e gioca la carta della sua diversità in un mondo difficile e spietato come quello della boxe. Un ragazzo che, nel suo incredibile percorso, incontra con uguale semplicità principi, dittatori, manager spietati, uomini e donne dello spettacolo e tantissima gente, anzi folla, massa. Quell’elemento entrato prepotentemente all’interno della comunicazione novecentesca, che spesso non ha volto o nome, ma che ha avuto un ruolo reale nella vicenda di questo atleta. Un ragazzo enorme che ha vissuto una vicenda enorme, ed è diventato un simbolo per un Paese in cerca di affermazione e riconoscibilità quale era l’Italia negli anni del fascismo. Primo, eroe delle folle (si fermavano le fabbriche quando passava per le città d’Italia e d’America), era cosciente di essere in debito con il suo pubblico, esattamente come i grandi attori, come gli uomini pubblici, quelli più intelligenti e il suo modo per mostrarlo era il sorriso. L’ho capito quando mi sono trovato davanti al problema di disegnare la faccia del campione.
Carnera era un moderno Golia, un maciste, amato dalla gente innamorata del suo spettacolare fisico e del sorriso generoso di eroe buono, cosi’ e’ come si potrebbe stilizzare la figura del campione.
Per immaginare una scrittura che sostenesse questa idea sono partito, come sempre mi succede da qualcosa a me familiare, l’amore che mio nonno Giovanni, quasi coetaneo del campione, portava per Carnera, come lui, accompagnato nel suo percorso esistenziale da una moralità semplice, dove il forte coincide con il buono e il buono con il giusto. Ho riconosciuto nei gesti atletici di mio nonno il tentativo di imitare stile e potenza del gigante e ora, dopo la mia ricerca posso dire che Giovanni Toffolo era un buon imitatore. Lo disturbava molto sentire parlare di Carnera come di un atleta dalle dubbie doti pugilistiche e, per chiunque abbia visto un filmato del pugile sul ring, sarà facile capire perché. Sul filo del ricordo, attraverso i racconti di mio nonno, grande sostenitore del boxer, ho potuto approfondire la mia ricerca senza dimenticare l’amore e l’emozione con la quale il gigante di Sequals ha colorato la ‘mitologia quotidiana’ della mia famiglia.
Ma questa che racconto è anche la storia di un’amicizia fra un ragazzo e un uomo, un manager dalle buone capacità, che ha saputo intuire nella faccia e nella voce di un giovane emigrato italiano in Francia la possibilità di realizzare il proprio sogno, quello di conquistare il titolo mondiale dei pesi massimi.
Nel riordinare i documenti della vicenda mi si è rivelata, parallelamente alla cronaca sportiva, la storia di un ragazzo che diventa un uomo, perché in fondo questo è quello che credo sia successo in quel periodo della sua vita.
Buona lettura
VOLO SULLA MIA CITTA’
volo sulla mia città con la bicicletta
e faccio finta di non sapere quanto male fa cadere giù
con la luna appiccicata sulla schiena
e la testa piena di petali di te
volo sulla mia città con la bicicletta
e spero non mi faccia male stare senza
e se solo mi spavento
cado giù e se solo mi spavento
sono ora come sono sempre stato un
bambino in piedi in mezzo al prato
in mezzo all’erba verde più alta di me
sono ora come sono sempre stato
ho scritto questo pezzo in un momento difficile, quando facevo a pugni con il malessere che si avvicina alla depressione. In fondo a quel buco ho avuto l’intuizione di essere il solo responsabile della mia esistenza (e per questo anche delle mia disgrazie). Quanta presunzione c’e’ in un ragazzo di provincia che decide di diventare un inventore di immaginario? Ma c’e’ una sola realta’ per un cantastorie. La realta’ e’ credere alle proprie BUGIE. Crederci fino a riuscire a volare con una bici. E cosi’ mi sono sentito piccolo ,anzi, bambino, quando la mia passione era capire come la natura aveva elaborato infinite forme di esistenza, tutte diverse ma ugualmente bellissime.
‘Sono ora come sono sempre stato’ e se solo ci credero’ lo saro’ per molto ancora.
BEAT(o)
quante cose posso fare in un giorno solo
forzare la mia ispirazione in cambio di denaro
andare a centottanta all’ora cavalcare il mio futuro
lavorare pedalare camminare
ma quello che mi piace è star disteso sulla terra
e sincronizzare il fiato con il battito che ha
esplorare senza luce le stanze del cervello
e annusare l’aria per capire se domani pioverà
sar? aperto e disponibile
sottomesso ad ogni cosa
come un santo del passato
per un futuro beat
quanti sbagli posso fare in un giorno solo
allontanare il freddo stringendoti di più
stare in orbita costante sopra quello che vorrei
lavorare pedalare camminare
ma quello che mi piace è starmene da solo
non per questo non mi piaci
ma a me piace cos?
e qualche volta scrivere
per far capire al mondo la visione che ne ho
sarà aperto e disponibile sottomesso ad ogni cosa come un santo del passato per un futuro beat
Questo e’ il brano che chiude il disco.
l’ho scritto quando ero a Miami ma in realta’ racconta di Luca. Poche parole oltre a quelle gia scritte. Un’ indicazione: centra con ‘scrivere bop’ del sommo beat, come gia ho scritto, ma anche molto con noi, TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI.
E’ colpa nostra se abbiamo immaginato il gruppo come un viaggio esistenziale e non come un prodotto?
e poi dentro c’e’ anche un certo PIERO CIAMPI che era uno che scriveva cose bellissime e pochissimi se ne sono accorti prima che fosse realmente morto.
Un allegro ragazzo morto praticamente.
Il disco e’ finito.
Giorgio Canali ha concluso il suo lavoro meraviglioso per dare un colore ai nostri nuovi undici piccoli mondi e ora c’e’ l’ho a casa.
Il disco e’ pronto e questo vuol dire anche qualcuno l’ha gia ascoltato.
Le persone piu’ vicine, per ora.
Siamo ancora l’ ‘adolescente eterno’ ma questa volta il panorama e’ piu’ ampio, gli schemi meno rigidi, i colori vari, l’emozione vibrante,il suono piu’ vero… un passo nuovo.
Questo dice piu’ o meno chi lo ha ascoltato.
Cosi’ posso dire che la visione del titolo, era una visione rivelatrice.
LA TESTA INDIPENDENTE.
Una testa (la mia) che rotola sull’asse delle braccia e incontra, nella mano desta, una altra testa (quella di Luca), per rotolare ancora ed incontrarne un altra (quella di Enrico) sulla mano sinistra.
LA TESTA INDIPENDENTE.
Quella che ci piacerebbe avere.
E pensare che dentro a questo disco che sentiamo cosi’ ‘nuovo’ ci sono anche cose lontanissime, che sono pezzi della nostra memoria.
LA TESTA INDIPENDENTE contiene una canzone di miSs xoX & Andy Warhol Banana Technicolor, del 1979, uscita 21 anni fa nella compilation THE GREAT COMPLOTTO che si intitola I AM IN LOVE WITH MY COMPUTER.
Questa canzone e’ il risultato di un pensiero di adolescenti di fine millennio pronti ad immaginarsi un futuro ‘ nuovo e possibile’. Con i loro synt analogici, cercando di sintetizzare le batterie per dare un suono ad un futuro-naif che assomigliasse, almeno in parte, alle loro letture fantascentifiche. Una stagione lontana e come molte cose lontane ha quel gusto di zucchero filato. Allora vi ricordo, siamo a PORDENONE, provincia dell’Impero della comunicazione, Italia, 1979.
Che quel synt suonato da Jonny bee Good e l’incredibile voce dell’inventore di mondi miSs xoX potessero ancora evocare quel momento di fine secolo in modo cosi’ preciso, l’ho potuto scoprire ascoltando la canzone finita.
IAM IN LOVE WITH MY COMPUTER
sara’ ancora colpa del fiume, o che vivo nel culo del mondo,
sara’ che sono diventato un cartone da TV,
sara’ che ricordo benissimo quando sembrava possibile…
I am in love with my computer!
UN INVERNO A PORDENONE
prova a stare con me un altro inverno a Pordenone
sara’ un letargo dolce senza inverno e freddo
sara’ perche’ e sempre troppo uguale
…
Dice che qui non resta
che quello che vuole qui non c’e’
ci fosse almeno una ragazza uguale identica a me
Dice che qui non resta,
che non lo fermera’
il bene che gli vuoi ancora
il bene che ti vorra’
(e ripete)
sto bene solo
con le mie scarpe nuove
il resto non mi muove
lontano dalla mia casa piu’ della luna
e la sola cosa che posso desiderare
io, io solo contro il mondo
e meglio se mi calmo
lontano dalla mia casa piu’ della luna
e la sola cosa che posso desiderare
dice che qui non resta
che quello che vuole qui non c’e’
ci fosse almeno una ragazza uguale identica a me
dice che qui non resta,
che non lo fermera’
il bene che gli vuoi ancora
il bene che ti vorra’
prova a stare con me un altro inverno a pordenone
sara’ un letargo dolce senza inverno e freddo
sara’ perche’ e sempre troppo uguale
UN INVERNO A PORDENONE era il titolo di un ‘cofanetto’ di tre 45 giri, realizzato da alcuni gruppi del Great Complotto di Pordenone attorno al 1980.
L’intuizione del titolo era forte e mi ha spinto a scrivere un omaggio a quel ‘momento’ dove non c’era distanza fra il fare e l’essere, dove gli adolescenti raccontavano e vivevano la loro condizione in tempo reale. Ma e’ anche la canzone alla mia citta’. Io la chiamo la capitale del rock perche’ per me lo e’ realmente stata. Gli unici ‘miti’ musicali che ho avuto da minorenne provinciale li ho vissuti da vicino. Si chiamano Miss XOX, 0010011, MESS, insomma la scena del Great Complotto di Pordenone, parlo del 1980, un po’ prima e un po’ dopo, quando , subito dopo il punk tutto sembrava possibile e nuovo. Tutto sembrava per la prima volta. Ecco perche’ nel nuovo disco c’e’ anche una ‘cover’ di un gruppo dei quel mondo. Si intitola I AM IN LOVE WITH MY COMPUTER. Nella sua ‘previsione ‘ del futuro prossimo MISS XOX ci aveva visto giusto.
volo sulla mia citta’
con la bicicletta
e faccio finta di non sapere quanto male fa cadere giu’
con la luna appiccicata sulla schiena
e la testa piena di pitali di te
volo sulla mia citta’
con la bicicletta
e spero non mi faccia male
stare senza
e se solo mi spavento
e se solo mi spavento
cado giu’ e cado giu
e se solo mi spavento
e se solo mi spavento
sono ora come sono sempre stato
un bambino in piedi in mezzo al prato
in mezzo all’erba verde, piu’ alta di me
sono ora come sono sempre stato
e se solo mi spavento
cado giu’ e cado giu
e se solo mi spavento.
Ho scritto queste righe per raccontare un momento buio. Una depressione. Insomma la chiamano cosi’ ma io la chiamo anche in un altro modo. Rock & roll, un giorno su due giorni giu’. A me succede spesso e non sono riuscito ancora ad abituarmi. Ongi volta che suono, ogni volta che pubblico qualcosa, perdo un pezzo di me e come reazione all’eccitazione , segue il buio. Percio’ Rock & roll, un giorno su due giorni giu’. E non dico che cosa mi provocano le telecamere televisive. Penso sia per questo che ho scelto l’assenza dell’immagine pubblica per la cosa a cui tengo di piu’. Il mio gruppo. Ho provato a descriverla con una metafora questa depressione che mi prende, ciclica. Come una bicicletta che vola, solo se sto bene. la srittura poi ha aperto un frammento della mia infanzia, quando il mio interesse piu’ grande era capire la natura e passavo guiornate da solo dentro i campi non coltivati della periferia di Pordenone. Pordenone, un altro elemento importate delle canzoni nuove ma questo ve lo racconto domani.
ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa che sia vera,
ogni a dolescenza coincide con la guerra
che sia vinta che sia persa
oggi canto del mio braccio
che mi ha tradito
oggi del sorriso che non trovo piu’
oggi canto del mio amico che mi e’ morto accanto
e della sua morosa che non crescra’
ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa che sia vera
ogni a dolescenza coincide con la guerra
che sia vinta che sia persa
e non ti vantare se la tua e’ stata mondiale
la mia sembra solo un fatto personale
e non ti vantare se ci hai perso un fratello
la guerra e’ guerra
e succedera’ anche a me
e non ti vantare se la tua si chiama vietnam
la mia e’ poco piu’ di un argomento da giornale
e non ti vantare se ci hai perso un fratello
un amico mio ci ha perso il cervello
ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa che sia vera
ogni a dolescenza coincide con la guerra
che sia vinta che sia vera.
(treallegriragazzimorti)
Questa canzone e’ venuta fuori da alcune cose che avevo letto, in particolare un intervista del disegnatore americano Robert Crumb, che con il suo cinismo aveva esplicitamente detto che se la generazione dei sui genitori aveva come immaginario comune la Seconda Guerra Mondiale, lui e i suoi amici avevano come sfondo comune la guerra dell’LSD…
Io ho immaginato qualcosa di piu’ ‘universale, con una filastrocca che resta cinica , ma e’ anche un po’ di piu’.
E’ un ritratto, e come tale non parla di me direttamente, ma di quello che ho visto intorno.
Il sottomarino e’ in subbuglio perche’ la filastrocca e’ talmente cristallina che potrebbe anche essere il ‘singolo’ del nuovo disco. Haime’, bisogna decidere pure queste cose. Altre canzoni arrivano altrettanto limpide e la pancia del sottomomarino si agita per una decisione da rimandare.
Come promesso la prossima sarebbe arrivata direttamente dalla pancia del sottomarino e cosi’ e’.
10 giorni senza vedere terra, solo l’acqua a volte limpida a volte sabbiosa del suono. Il comandante Canali ha deciso la rotta. Non useremo il satellite per questa attraversata. Solo attrezzi tradizionali, bussola , sonar e carte per leggere il cielo. Percio’ non resta che suonare al meglio delle nostre capacita’, di fronte a microfoni che sembrano pistole, in una stanza calda come le sale macchina di un tempo , dove era il carbone a muovere i motori. C’e’ anche un computer e due tenenti giovani, Manu e Gigi.
Siamo arrivati all’avventura senza aver programmato TUTTO, come eravamo soliti fare per gli altri viaggi. Volevamo un ‘avventura ‘vera’ e l’abbiamo avuta. I primi giorni sono serviti per assestare le tonalita’, trovare le strutture, forzare le accordature per capire che cosa potevano essere le nuove canzoni. E ancora provare le chitarre, ognuna con la propria voce, le pelli della batteria e le risposte delle ‘bacchette’, ancora il basso … e basta per ora.
Trio, tre allegri ragazzi morti, ma prima della fine delle registrazioni qualche altro strumento entrera’ nel trio. Nelle notti dei sogni, dove sono apparsi il sottomarino nero e le altre immagini ipnagogiche, suonava , stonato, un trobone… presto arrivera’ anche il trombone.
Che cosa sono queste canzoni ‘storte’ che il sonno ha regalato?
Le evocazioni sono quasi una ventina .
Dopo un po’ ne rimangono undici.
Saranno Undici le canzoni del nuovo CD, come erano undici quelle di MOSTRI E NORMALI.
Tutte nuove intanto, tranne una… era il nucleo armonico sulla quale e’ nata OCCHI BASSI. Si chiama IL TERZO MILLENNIO ed e’ una filastrocca scritta da una ragazzina ad un mio amico, sempre lui, FORTUNELLO.
Come spesso succede sono i testi che indicano la strada, per poi lasciare il passo alla musica
Quando la lessi, ormai tanti anni fa ( Il testo appare anche nel libro Piera degli Spiriti-Kappa Edizioni-). Lo trovai geniale nella sua semplicita’ e poesia.
Il testo dice cosi’:
” Nel terzo millennio
il bello sara’ brutto,
il bianco sara’ nero,
sara’ obbligatorio il sombrero,
e il pollo sara’ un frutto.
Nel terzo millennio
avremo 53 gradi
la sera, di giorno, di notte
le case sarannno gli armadi
e le scuole saranno le grotte
Nel terzo millennio
Le donne chiameremo uomini,
e gli uomini bistecca o prosciutto
ma un bacio resta sempre un bacio
e un rutto resta sempre un rutto.”
Un genio questa ormai ex bambina.
Ma allora di cosa racconta questo disco nuovo, e come si intitolera?
L’avventura e’ appena cominciata , e da oggi il segnale del sottomarino nero si fara’ piu’ frequente.
A domani.
Sono di nuovo in postazione. Sulla mia sedia, davanti al computer, l’ammiraglio Eltofo riprende il comando del sottomarino TRE ALLEGRIRAGAZZIMORTI per la battaglia che verra’.
Sono tornato dall’America con buone vibrazioni, o meglio, laggiu’ mi e’ sembrata talemente dura che mi sento come Hulk, piu’ forte di prima.
Sono stato in America senza aspettative, a camminare per la megalopoli, cosa che non fa nessuno, a prendere autobus e treni in un paese progettato per le automobili. E per la strada la mia testa era piena di una canzone che riprende un po’ quello che vi avevo raccontato qualche settimana prima. Quel libricino di Kerouac (scrivere bop-tradotto da Silvia ballestra e pubblicato da Mondadori) che racconta del concetto di beat(o).
E intanto fuori dalla mia testa, hip-hop rilassato, grasso di bassi esce da automobili in parata ripiene di ragazze tuttecurve . Ma nella mia testa suonano in loop le parole chiave :- saro’ aperto e disponibile, sottomesso ad ogni cosa, come un santo del passato, per un futuro beat ! –
Non ho mai sentito niente di piu’ anacronistico. E mi piace.
Sono tornato con un bel po’ di sensazioni e mi ci vorranno mesi per digerirle e metabolizzarle, ma le cose che volevo dire nel disco nuovo ora sono piu’ chiare.
Luigi Bernardi intanto ha continuato a rendere ‘animate’ le IMMAGINI IPNAGOGICHE che sono lo scheletro delle nuove canzoni dei ragazzi morti.
In ICEBERG sul quale viaggiano i TREALLEGRI, sospeso su un mare bianco. Il nuovo disco sara’ bianco. Questo e’ sicuro.
Ma c’e’ una novita’ . Avremo un altro passeggero nel sottomarino nero che ci ospitera’ per il viaggio del disco. Un quarto allegro ragazzo morto che avra’ il compito di tenere sotto controllo il sonar della navigazione. Giorgio Canali, cosi’ si chiama, e’ il chitarrista dei CSI. Uno esperto. Ha navigato tanto e in viaggi, tutti bellissimi.
Sara’ un viaggio piu’ sicuro?
Salpiamo lunedi’ 11 giugno dal porto di Ferrara.
La prossima comunicazione la faro’ direttamente da dentro il ‘sottomarino nero’.
Sul tri-rail per Fort Lauderdale.
Domenica 13 maggio.
Una famiglia composta da un padre e un bambino. Il padre ha circa 45 anni, bianco, non ispanico. Il bambino fra i quattro e i cinque, mulatto. Sembrano in vacanza ma le unghie del padre sono nere. Il bambino e¹ contento.Una esclamazione di stupore ad alta voce-Dad!-. Il padre non risponde. Un¹altra esclamazione di sorpresa, piu¹ forte. Il padre parla ma la sua gola emette come… un rutto. Un rutto prolungato. Penso gli abbiano operato le corde vocali, una di quelle operazioni demolitive. Guardo ancora e vedo che il padre ha con se molte buste di plastica di quelle che si usano per la spesa al supermercato, ma vuote o semivuote.-Dad!-urla il bambino,-fame-.E il padre da una busta di plastica fa uscire una busta piu¹ piccola con dentro…sembra prosciutto, e come la madre del merlo sfama l¹uccellino da nido, cosi¹ la mano e la testa grossa del bambino mi richiamano la figura. Sembra proprio un pulcino imboccato da una madre. E poi si attaca a un biberon e guarda fuori e ha gli occhi felici.
Corre sul corridoio una ragazza bionda, non piu¹ giovane, la faccia rossa e chiede a tutti con grande apprensione se nel treno c¹e¹ un bagno (restoroom).Una tossica, pazza…anche lei con le sportine della spesa.Trova il restoroom.
C¹e¹ una tipologia ricorrente di umano in questa vastita¹che e¹ Miami-Dade: maschio, bianco, anche ispanico,circa 40 anni, pantaloni corti, camicia o maglietta colorata, scarpe ginniche e walk-man con cuffie MEGA.Potrebbe sembrare da ridere.
Io ancora non so se ridere.
Ho una grande difficolta¹ a pensarmi pittore. Io disegno fumetti ma la pittura e¹ un altra cosa. Forse potrei fare ritratti. In America avrebbe un senso.
Se facessi il pittore farei il ritrattista.
Sono partito dall¹Italia con una frammento di frase e tre accordi, per il disco nuovo che quando torno andiamo a registrare.-La tua faccia da terrone, non la vedo ad MTV…-
Forse questo e¹ il posto giusto per finire il testo.