la strada per il nuovo disco mi ha portato a stare 15 ore in macchina con Luca per un viaggio Pordenone-Ferrara-Milano-Rubbera-Pordenone, da fare nelle suddete ore per mettere assieme il gruppo di lavoro per fare questo nuovo. Mi ha parlato del libricino che ho lasciato a casa sua, in montagana, dove proviamo. Questo libricino e’ SCRIVERE BOP di JacK kerouac. Il mio piano e’ riuscito. Il libro l’avevo comperato qualche anno fa su suggerimento di Igort per capire qualcosa sulla scrittura. In verita’ io non l’ho mai letto. Ho problemi con le parole scritte. Ho elaborato negli anni delle elementari una discreta difficolta’ a leggere. Preferisco leggere le forme disegnate. Dei segni capisco moltissimo. Posso riconoscere moltissimi disegnatori se vedo anche un loro piccolo schizzo. Capisco completamente le loro intenzioni, quello che vogliono dire e quello che non sono riusciti a dire.
La parola scritta ogni tanto mi spaventa. Quel piccolo libro con la copertina blu mi spaventa. Kerouac mi spaventa. Ora capite perche’ l’ho premeditatamente lasciato da Luca. Sapevo che quel coso mi ‘chiamava’ ma non potevo affrontarlo direttamente. L’ho lasciato da Luca sperando l’avrebbe letto e speravo soprattutto mi avrebbe raccontato il contenuto perche’ questa e’ la forma che io da sempre prediligo per imparare. Quasta forma e’ il racconto diretto. Ci sono riuscito. Luca e’ stato rapito dal libricino. Ha sentito le parole dell’americano vicinissime. Ha capito subito la sua componente mistica. C’e’ l’ ho fatta. Mi e’ arrivato il contenuto del libro filtrato da un lettore privilegiato , raccontato come Luca sa fare e mi ha trasfornmato nella persona piu’ fortunata del globo.
Dentro quel libro Luca mi ha mostrato una parola chiave . BEAT. O meglio Beat (i) o meglio Beati.
Non solo un gioco di parole, anzi, un gioco anche facile di traduzione. Le parole hanno dentro l’essenza delle cose. BEATI. Dentro quel libro c’e’ la traduzione ‘reale’ di quella parola americana che tanto ha rapito la nostra fantasia di eterni
adolescenti occidentali.
Ora so con precione a cosa tendiamo noi allegri ragazzi morti. Tendiamo a diventare Beat (i) .
Ho trovato un libro nella discarica di carta stampata che e’ la mia casa. Anzi, lui mi ha trovato.
Strati di libri e giornalini e riviste coprono le pareti dell’ appartamento dove vivo. Quando devo cercare un libro va a finire che e’ lui a trovare me altrimenti e’ una battaglia persa. Mi aiuta la memoria visiva, il piu’ delle volte. Mi ricordo che la copertina faceva ciao fra un giacimento di riviste e buste risalente a quattro mesi fa. Vado sicuro e lo trovo.
E quando non lo trovo? Ma si, che presuntuoso, mi dico. Ora ricordo! Sotto la pila di libri sul tavolino ai piedi del letto. Neanche li lo trovo. Al terzo tentativo mancato, la memoria accende ricordi sovrapposti. Mi ricordo di avere visto il ricercato fra i libri di fotografia… anzi sotto le lettere del commercialista sul tavolo della cucina… ma cosa dico, in camera di Zoe, sul lettino che lei non usa, e ancora, e ancora.
In questo caso il libro potrebbe anche non essere mai piu’ ritrovato. Cosi’ e’ successo con la biografia di Ed Wood che mi aveva prestato Enrico Sist e con un prezioso libretto di narrativa sul calcio giovanile IL PALLONE DI STOFFA prestatomi invece da Stefano Basso. Loro lo sanno.
Ma questa volta e’ il libro ad avermi trovato. Si intitola POEMA A FUMETTI ed e’ di Dino Buzzati.
E’ un libro anomalo. La parola giusta e’ , penso, unico.
Assomiglia ad un fumetto perche’ il linguaggio e’ quello, e’ disegnato da un pittore che e’ anche un famoso scrittore di prosa, ma e’ un poema.
Insomma non c’e’ ‘genere’ a sostenere questo libro, non un formato editoriale, non un precedente che lo giustifichi, che lo faccia sembrare meno solo fra le altre merci.
E’ il libro ideale per la mia libreria che non rispetta nessuna ‘classificazione’.
E’ una storia, guarda caso, che racconta di un cantante pop (si direbbe oggi), che cerca il suo amore che e’ morto e per trovarlo percorre un viaggio che parte da Milano e arriva dentro… il delirio.
Una forma di psicadelia visiva tiene assieme le immagini e alcune visioni sono simili a quelle che mi regala il mio personale PICCOLO TEATRO ONIRICO ( quello delle visioni ipnagogiche, per capirci ) e che mi serve come materiale di costruzione per il nuovo disco.
( Approposito, settimana buona. IO e Luca abbiamo scavato molto, riso molto . Le nuove canzoni ridono e le mie ginocchia tremano. )
Insomma, il libro mi ha trovato per raccontarmi una cosa del mio gruppo. Penso.
Dei TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI, intendo.
Sembra difficile da definire cio’ che facciamo. Sembra difficile definire il nostro atteggiamento rispetto al mercato. E’ difficile da definire la musica.
Ci hanno provato vari tipi di discografico, in questi anni. Ci hanno provato i giornalisti.
Ma noi siamo un po’ come quel libro.
Ascolti della settimana: Devo, Suicide, Melt, Trashman, Boris Vian, Arbe garbe, Ramones.
(se volete spedire la descrizione delle vostre immagini ipnagogiche fatelo all’indirizzo [email protected] con titolo PICCOLO TEATRO ONIRICO)
C’e’ chi mi ferma per strada e mi dice che un gruppo inglese fa quello che facciamo noi, che i disegni sembrano i miei. Lo scrivono anche nei giornali di musica. Altri gruppi alleggeriscono la loro presenza visiva, qualcuno parla di topi e gioca sull’ironia e il rock & roll. In questo dato di cronaca mi piace leggere invece una cosa che ho scoperto da poco. Insomma, riguarda i meccanismi della ‘creazione’ e l’originalita’. Sono piu’ di dieci anni che mi sveglio la mattina e invento qualcosina: un disegno, una storia o una canzoncina. Insomma, mi sembra anche normale che prima o poi una persona si chieda:- ma quando succede questo arcano? C’e’ un momento individuabile nel quale Œinvento’? E pochi giorni fa’ ho capito che quello che mi ha aiutato a creare e’ stato il ricordo delle IMMAGINI IPNAGOGICHE. Che cos’e’ un immagine ipnagogica? C’e’ un periodo del sonno detto dormiveglia (poco prima di dormire, o poco prima di svegliarsi), dove si creano nella nostra mente immagini precise, visioni, IMMAGINI IPNAGOGICHE appunto. Di queste immagini mi sono nutrito in questi anni. Questo forse e’ il momento della creazione , per me.
E poi ho ricordato qualcosa di piu’ preciso. Il mio amico disegnatore di fumetti Alexander Zograf mi aveva raccontato che esiste un momento nel quale, molti disegnatori di fumetti, vivono uno stesso ‘spazio’. Questo ‘spazio’ comune viene appunto condiviso nel periodo del dormiveglia, ed e’ il posto dove esistono le immagini ipnagogiche e per questo motivo, ogni tanto, le idee si assomigliano , proprio perche’ le visioni stanno in un medesimo luogo che frequentano anche persone fisicamente lontane. Mi hanno detto che anche i nativi mericani pensano qualcosa di simile. Indaghero’.Sasa, nel suo ultimo viaggio italiano, mi aveva regalato un disegno dove era raffigurato lui che dormiva e sognava qualcosa che sembravano fumetti… miei. Solo qualche giorno fa ho scoperto sarebbero pututi essere miei. Io questa notte vado a dormire e forse trovero’ cose che sono anche di qualcun altro. Anzi, spero proprio le mie visioni non siano soltanto mie. Per quanto rigurda le canzoni nuove questa settimana ho trovato alcune parole chiave. Una e’ sicuramente GUERRA e l’altra potrebbe essere PSICADELIA, o almeno questo e’ il significato. La parola VERA magari la trovero’ presto nello spazio che esiste fra il sonno e la veglia.
Come sempre succede sono i disegni a mostrarmi la direzione.
Cosi’ e’ stato quando il gruppo e’ nato. Un disegno al tratto, fatto con un pennarello a punta quadrata che ritraeva me , Luca e Stefano (Enrico non c’era ancora). Un disegno primitivo, che stilizzava le nostre figure alle quali da quel momento avremo rinunciato. Per liberarci dal narcisismo dei musicisti (tutti) o forse per trasformarci in vere icone. Chi lo sa? Ma anche per continuare a stare fra i ‘nostri simili’ senza il peso di una faccia consumata nelle foto e nel tubo catodico.
Ho tenuto quel disegno per tantissimo tempo su un cavalletto nella mia casa-studio dove il posto del ‘mangiare’ e’ lo stesso del ‘leggere’ e del ‘disegnare’ e lo fissavo per decifrare quello che aveva scritto dentro.
Quel disegno conteneva tutto quello che sarebbe stato: la musia, le parole, le sconsiderate scorribande in giro per la penisola, i concerti, i rapporti fra noi. La difficolta’ di essere un ALLEGRO RAGAZZO MORTO che ha portato Stefano a regalare la propria visione ad Enrico. C’era dentro tutto quello che sarebbe stato ma che in quel momento non era che una visione. E’ il disegno della copertina delle prime 200 copie del demo MONDO NAIF, del mini CD allegato all’omonimo giornalino, dell’immagine dei nostri primi manifesti e delle notre prime importabili magliette.
E oggi, che sono ad un passo dalla scrittura nuova, sono ancora i disegni a mostrarmi la strada.
I nuovi ragazzi morti sono stilizzatissimi, gigantesche icone imprigionate in un videogioco rudimentale. Congelate in Iceberg staccati dal pak, galleggianti nell’oceano delle balene bianche e dei capodogli. Vampiri a spasso con la propria bara. Un sommergibile nero in viaggio nel mare della visione. E tutto succede ad un passo dalla veglia, ad un centimetro dal sonno. Li, in quel luogo, la visione e’ precisissima e colorata. Riusciro’ a prenderla?
bacini e rock & roll