Ci ho messo un anno

Di Eltofo, 17 Novembre 2001

Ci ho messo un anno a fare questo nuovo libro. E’ una biografia. Lunedi’ sara’ in vendita…e’ arrivato il momento di allontanarsi da quello che ho fatto e lasciare lo spazio a chi lo leggera’. Sono pronto a farmi da parte.
Queste che seguono sono le parole che precedono il libro. Le ho scritte io, un po’ per spiegare , un po’ per capirmi…
‘CARNERA. La montagna che cammina’ racconta la storia del pugile friulano, dalla partenza dal suo paese di origine, Sequals, alla conquista del mondiale, a New York, il 29 giugno del 1933.
Questo che avete in mano è un romanzo speciale, una biografia a fumetti, ma non aspettatevi una lettura didascalica, il mio ‘CARNERA. La montagna che cammina’ l’ho immaginato come un ‘piccolo film tascabile’.
Per fare questo libro ho ricostruito la vita del campione friulano basandomi sulle tante biografie che negli anni sono state realizzate, perché da quei lontani anni Trenta del secolo scorso, l’interesse su Carnera, in realtà non si è mai affievolito. Le cose che ho raccontato, ripercorrendo l’epopea di una storia sportiva assolutamente documentata, quando non sono vere, sono verosimili e fanno capire il grande impatto, oggi si direbbe mediatico, di un personaggio che puo’ essere considerato uno dei primi sportivi moderni.
Ho camminato sulla piazza di Sequals, ripensando ad un ragazzo che, negli anni Venti parte da li’, come tantissimi emigranti friulani in cerca di fortuna, con la pancia che brontola per la fame e, pochi anni dopo vede il suo sogno realizzarsi.
Ho visionato film e foto dell’epoca per ricostruire la New York degli anni Trenta e sono stato negli Stati Uniti, precisamente a Miami, per capire lo stupore di un europeo che arriva in America.
Non sono propriamente un disegnatore realistico e il mio Carnera è a volte realistico, a volte stilizzato, quello che mi interessa è avvicinarmi il più possibile al carattere del pugile. Ma è stata la forza visiva del gigante l’elemento che mi ha reso facile immaginare una narrazione per immagini. Un giovane gigante (Carnera aveva 26 anni quando vinse il mondiale) che da fenomeno da circo, diventa un atleta vero e gioca la carta della sua diversità in un mondo difficile e spietato come quello della boxe. Un ragazzo che, nel suo incredibile percorso, incontra con uguale semplicità principi, dittatori, manager spietati, uomini e donne dello spettacolo e tantissima gente, anzi folla, massa. Quell’elemento entrato prepotentemente all’interno della comunicazione novecentesca, che spesso non ha volto o nome, ma che ha avuto un ruolo reale nella vicenda di questo atleta. Un ragazzo enorme che ha vissuto una vicenda enorme, ed è diventato un simbolo per un Paese in cerca di affermazione e riconoscibilità quale era l’Italia negli anni del fascismo. Primo, eroe delle folle (si fermavano le fabbriche quando passava per le città d’Italia e d’America), era cosciente di essere in debito con il suo pubblico, esattamente come i grandi attori, come gli uomini pubblici, quelli più intelligenti e il suo modo per mostrarlo era il sorriso. L’ho capito quando mi sono trovato davanti al problema di disegnare la faccia del campione.
Carnera era un moderno Golia, un maciste, amato dalla gente innamorata del suo spettacolare fisico e del sorriso generoso di eroe buono, cosi’ e’ come si potrebbe stilizzare la figura del campione.
Per immaginare una scrittura che sostenesse questa idea sono partito, come sempre mi succede da qualcosa a me familiare, l’amore che mio nonno Giovanni, quasi coetaneo del campione, portava per Carnera, come lui, accompagnato nel suo percorso esistenziale da una moralità semplice, dove il forte coincide con il buono e il buono con il giusto. Ho riconosciuto nei gesti atletici di mio nonno il tentativo di imitare stile e potenza del gigante e ora, dopo la mia ricerca posso dire che Giovanni Toffolo era un buon imitatore. Lo disturbava molto sentire parlare di Carnera come di un atleta dalle dubbie doti pugilistiche e, per chiunque abbia visto un filmato del pugile sul ring, sarà facile capire perché. Sul filo del ricordo, attraverso i racconti di mio nonno, grande sostenitore del boxer, ho potuto approfondire la mia ricerca senza dimenticare l’amore e l’emozione con la quale il gigante di Sequals ha colorato la ‘mitologia quotidiana’ della mia famiglia.
Ma questa che racconto è anche la storia di un’amicizia fra un ragazzo e un uomo, un manager dalle buone capacità, che ha saputo intuire nella faccia e nella voce di un giovane emigrato italiano in Francia la possibilità di realizzare il proprio sogno, quello di conquistare il titolo mondiale dei pesi massimi.
Nel riordinare i documenti della vicenda mi si è rivelata, parallelamente alla cronaca sportiva, la storia di un ragazzo che diventa un uomo, perché in fondo questo è quello che credo sia successo in quel periodo della sua vita.
Buona lettura