Mauro Sabbadini è il mio angelo custode in questo viaggio a Buenos Aires.
E’ un ragazzo bello , di origine friulana come il mone racconta, ma quando dico che è un angelo, non lo dico per esagerare. Ho pensato molto a che cosa fosse veramente Mauro. Mi dice Rominna, una sua buona amica, che Mauro ha una intelligenza superiore agli altri esseri umani. Ma non dice questo perché è quello che si dice solitamente delle persone intelligenti. Mauro ha veramente un intelligenza superiore alla media, lo dicono i medici che lo studiano da quando è bambino. E’ la sua diversità. Oggi Mauro ha trent’anni. Mi sono chiesto perché facesse quello che fa ( e poi vi racconto quello che fa), mi sono chiesto quale fosse il motivo psicologico , mi sono stupito dell’ energia con la quale si muove e muove le cose e alla fine, ieri notte ho scoperto che cos’è veramente Mauro. Non fa freddo in questa stagione a Buenos Aires la sera un po’ di più ma la temperatura, almeno nel centro della città, non penso si sia abbassata sotto i 15 gradi. Avevo un appuntamento con Mauro, all’incrocio di via Libertador e Bullrich io nei miei vestiti sudici da viaggiatore per caso in attesa della lavanderia e lui elegante come sempre, senza portafoglio, con un cappotto di lana, scuro. Praticamente un angelo di Win Wenders nell’aspetto e nelle azioni. Uno di quelli che ti cambia la vita, di quelli che fanno incontrare le persone, che rendono speciali anche situazioni normali e quotidiane. Insomma Mauro è un angelo di quel tipo. Capace di bere quattro litri di birra in un ora e fumare tre pacchetti di sigarette al giorno. Fanatico della squadra del suo barrio (quartiere), i bianco-neri All-boy (squadra della serie B argentina), capace di costruire rapporti in pochi minuti. L’altra sua enorme capacità è quella di farti parlare. Ti guarda con la sua faccetta attenta e tu, o chiunque altro sia il suo interlocutore, cominci a parlare insomma Mauro è un angelo di questo tipo. Non ha dio al quale rispondere delle proprie azioni. Quello che gli piace di più è lavorare nei quartieri poveri della città per realizzare il suo sogno cambiare il mondo cambiare i rapporti sociali attraverso la cultura e l’arte…il progetto di un angelo, è evidente.
Questo mi ha detto qualche giorno circa la guerra in Iraq circa il fatto che da questa parte del mondo la guerra appaia come un conflitto fra primo e terzo mondo.-
..un movimento di intellettuali negli anni 70, portato avanti soprattutto dal precedente presidente del Brasile prima di LULA ,Cardoso assieme ad altri, sono stati i creatori della teoria della dipendenza, secondo la quale tutti i paesi periferici dipendono in qualche maniera dai paesi centrali. E questa è una cosa semplice e conosciuta da tutti ma hanno dato una visione latinoamericana a questa teoria, portando avanti dei discorsi sul superamento di questa dipendenza allora questa storia di primo mondo terzo mondo, paesi in via di sviluppo non è nuova. Anche durante la dittatura militare in Argentina (1976-1983) si diceva che l’Argentina era un paese centrale, ma negli anni del governo di Menem, c,è stata quella coscienza , falsa, di essere parte di un’altra realtà sociale.
Questa è stata facilitata da due fattori, anzi, da molteplici fattori comunque
la privatizzazione dei beni dello stato ha prodotto molta disoccupazione e questi disoccupati sono stati indennizzati con una grande quantità di denaro che ha prodotto un momento di grande liquidità monetaria e poi l’uno a uno, la parità del pesos con il dollaro ha dato la possibilità agli argentini di andare, per esempio, negli Stati Uniti e di avere maggiore possibilità di spesa degli statunitensi stessi.
Questa falsa coscienza ci ha portati al disastro successivo, quello per capirci del 20 dicembre 2001. Se gli aspetti economici ereano prevedibili, nessuno avrebbe potuto immaginare che in questa difficoltà sarebbero rinsaldati i rapporti sociali e che la diffidenza nei confronti dei politici sarebbe cresciuta tanto
Ma noi argentini viviamo …, e non so il perché, non sono riuscito neanche ad immaginare un ipotesi,…. viviamo passioni collettive , le portiamo avanti con forza e quando raggiungiamo una certa soddisfazione ognuno torna ai cazzi suoi.
E questo vale in ogni campo il problema vero è che il modo nel quale si risolvono i conflitti in Argentina è attraverso la violenza
Nei settori meno sviluppati, in quelli medi, in qualunque settore, magari non nei circoli progressisti che però sono una minoranza, la violenza è il modo e la vedi qui a Buenos Aires, che sembra di essere a New York .. noi siamo ora in un pezzo di Buenos Aires che è un po’ diverso dal resto ma niente di più. La realtà è un’altra.
Quando la violenza diventa l’unico modo per la soluzione dei conflitti, non puoi avere molta speranza sulle strade che prenderanno queste grandi manifestazioni collettive.
Allora tu vai nei quartieri con difficoltà e i rapporti in famiglia si risolvono con la violenza, nelle scuole gli insegnati con la violenza, vai in altri settori, apparentemente più educati e c’è l’autoritarismo, diciamo, ci sono diverse facce per uno stesso modo: la violenza come risoluzione dei conflitti. E’ per questo che io mi spacco la testa e le energie che ho nel lavorare sull’ educazione ed in particolare sul uso dell’arte e della cultura come veicolo di trasformazione sociale. Perché questo è un lavoro a lungo termine ma è il solo che permette una trasformazione dei rapporti sociali.
Magari, sul lavoro di queste nuove realtà, succedere che fra 25 anni avremmo dei nonni che porteranno un’altra mentalità ai nipoti, ma ora abbiamo due generazioni che sono sottoalimentate e quindi tutto è difficile
Questa è una parte di quello che mi ha raccontato.
Insomma , il mio viaggio a Buenos Aires lo faccio in compagnia di un angelo. Ho bevuto un bel po’ e mangiato tantissimo. Come dicono i vecchi emigranti ai nuovi:- devi mangiare molto se vuoi essere forte qui in America. Penso abbiano ragione.
Qui in America devi essere forte, non puoi permetterti di essere come in Italia.