“Intervista a Pasolini” è una cosa nuova.
Alan Moore, l’autore di fumetti che ha scritto “From Hell”, ha affermato che il solo modo per scrivere di storia è attraverso la fiction. Non so se ha proprio detto queste precise parole, ma da qualche giorno me le ripeto e le ripeto ad altri e mi sembrano sempre più vere. Penso sia questo che sto cercando di fare con “Intervista a Pasolini”. Cerco di mettere in gioco il pensiero del poeta, la sua biografia, la sua bibliografia, le sue parole e le testimonianze da lui lasciate nelle interviste giornalistiche e televisive cercando modi e forme per rendere tutto questo letteratura, non saggistica. Praticamente un romanzo a fumetti.
E insisto a vivere tutto sul filo dell’esperienza personale, spingendo l’autobiografia, l’autorappresentazione fino a descrivere il viaggio per la realizzazione dell’opera e a cercare di viverlo prima di scriverlo. Nessun distacco, tutto in una contemporaneità che farà del mio libro, in fondo, un diario. Questo modo di affrontare il lavoro, non questo che vado a comunicare, ma tutti i miei fumetti precedenti a questo, l’ha intuito per primo Igort. Mi aveva suggerito di reimmaginare tutto cio’ che avevo scritto e disegnato in vita mia come un diario, come il documento di un artista, senza soluzione di continuità. Forse oggi prendo coscienza di questo suo suggerimento per superarlo. Il diario ha bisogno di essere scritto, percio’ ha bisogno di una vita da raccontare. Questo io cerco. Cosi’ sono andato a Casarsa della Delizia (un ossimoro, il primo) a visitare la casa che fu di Pasolini, comperata dalla Provincia di Pordenone e RISTRUTTURATA.
Penso che ci sia stato anche qui una guerra fatta di parole. La casa è stata appunto RISTRUTTURATA, ma forse avrebbe dovuto essere RESTAURATA. La ristrutturazione ha cancellato il documento che avrebbe potuto essere questa casetta di quattro stanze e due piani regalandoci una modesta casa piccolo-borghese anni ’80, ma la cordiale disponibilità del bibliotecario Marco e la coscienza della fasulla ristrutturazione cresciuta ormai in tutto il paese di Casarsa, mi hanno fatto vivere quella visita comunque con un prolungato brivido di commozione. Marco mi ha poi mostrato custoditi in biblioteca, i manoscritti del poeta. Le prime stesure delle poesie a Casarsa, scritte con calligrafia nervosa e impaginate con perizia a modo di menabo’ per la stampa: frontespizio, dedica, e ora le poesie, in una prima stesura, poi rimaneggiata e abiurata, come sarà per sempre. Mi sono iscritto alla biblioteca e ho preso in prestito tre libri. “Atti impuri e Amado Mio”, “Pasolini su Pasolini” , un intervista di una giornalista irlandese a Pasolini rilasciata nel 1969 e “La meglio gioventù di Pasolini” di Giuseppe Mariuz, un documento sui ricordi del Friuli negli anni della guerra.. Sono tornato a casa per leggere e mi sono a occorto subito che non stavo bene. Mi sembra quasi di essere inseguito da un fantasma. O forse è una orribile realtà. Comunque per la prima volta, in vita mia ho desiderato con tutto me stesso di non essere a Pordenone, di non essere a casa mia. Vado da Marcella a Trieste, con Enrico e gli studenti. Quattro giorni di distacco da quasi tutto. Per leggere i libri che ho preso in biblioteca e per scappare da quella cosa che mi sembra mi stia cercando.
Preparo tutto e vado a Trieste dimenticando clamorosamente i libri sul tavolo della cucina. A Trieste Marcella ha un libro di Pasolini in casa. Come tutti gli studenti ignorantelli. Si intitola “Le belle bandiere”. Me lo faccio. Ma io sono venuto a Trieste per Pasolini e per sentire la voce di Lilla. Voglio dirle che sto partendo per un viaggio che s’intitola “Intervista a Pasolini”. Lei mi puo aiutare. Ho provato a spiegarle cio che voglio fare. Lei ha capito quello che voleva e ha cominciato a rovistare nei suoi ricordi come una mano in una borsetta e ha tirato fuori, in ordine sparso frammenti di una foto strappata e da ricomporre di un Pasolini disilluso, tormentato da una pulsione erotica bruciante, lo stesso che avevo intravisto in una intervista fatta poco prima che morisse. Su una spiaggia che poteva essere Grado o Ladispoli. Ho provato a sbirciare nella sua borsetta per veder se ci trovavo anche il Pasolini più sorridente, rivoluzionario e marxista, mi sarei accontentato anche di uno romano, non cervavo quello bucolico del periodo del rifugio friulano, ma lei me lo ricacciava indietro dicendomi che il Pasolini che lei sta ricomponendo è il Pasolini da ricordare e perché Pasolini per tutta la vita ha riletto tutto, abiurato rinnegato e riscritto tutto. Ma cos’ è la coscienza di un autore, il suo autocontrollo la propria rilettura, contro la folgorazione dell’ispirazione? avete gia capito la
risposta che io daro’. Ho continuto a ribadire il concetto che una passione per la vita, per la scrittura cosi’ totale è stata mossa da un dolore enorme. E il motivo del suo dolore io penso di conoscerlo. E’ per questo che voglio questo libro. E’ un dolore profondo contro la sofferenza del mondo. Per un uomo che ascolta questa sofferenza è lancinante e non trova ragione se non in una razzionalizzazione robusta, in una presa di coscienza. Ma quello che puo’ uscire da una bocca sulla quale riconosco questa smorfia, cio’ che viene fuori è un canto. Lieve e straziato. La poesia.
A Lilla non penso piacerebbe questa mia visione cosi’ sentimentale, … ci fosse un altro termine meno scemo. Atroce è un aggettivo che Pasolini usava moltissimo. Atroce è vivere in un
mondo di passaggio, per la prima volta. Si puo’ solo sbagliare. Comunque la parola chiave che Lilla mia ha regalato è BATTICUORE. Quello che provi verso le cose belle. Verso le persone che desideri, quello che ti viene quando incontri uno sguardo. E cosa ti puo’ ancora dare BATTICUORE? Un linguaggio apparentemente monco come il fumetto puo’ dare spazio a nuove bellezze, quelle davanti alle quali trasali, e hai un batticuore come lo chiamava il sig. Pasolini. Insomma un Batticuore sto cercando. Un luogo della battaglia e del piacere e penso che questo libro potrà essere questo. E se il mio libro non diventerà un capolavoro assoluto, verrà comunque ricordato come una cosa nuova.
Lilla mi ha detto che verrà bello perché lo faccio io. Verrà bello perché sarà un romanzo a fumetti come non ne ho mai fatti e potra’ fare a meno di fare i conti con 3000 anni di storia delle letteratura. Più novecentescamente potra’ fare i conti con poco più di cento anni di scrittura. E percio’ le vene tremano meno e lo sforzo mi sembrerà possibile. “Intervista a Pasolini” è una cosa nuova.